Quella che fino pochi anni fa appariva come un’opportunità promettente e in lenta crescita, è diventata il fenomeno trasformativo della “nuova” sanità: la pandemia da Covid-19 ha dato enorme accelerazione all’utilizzo della telemedicina, dando vita allo sviluppo e all’adozione di soluzioni digitali in grado di abbattere le distanze tra medici e pazienti e garantire allo stesso tempo la massima sicurezza. Oggi questa evoluzione sta portando le aziende sanitarie a rimodulare l’erogazione ai servizi, con l’obiettivo di assicurare la cura e l’assistenza attraverso strumenti digitali accessibili e di facile utilizzo – non solo per i soggetti colpiti dal Covid-19 – ma per tutti i pazienti, in particolare quelli più fragili o cronici.

Non si tratta di timidi tentativi o semplici iniziative di sensibilizzazione, ma di un cambiamento reale che si sta attuando all’interno del Sistema Sanitario Nazionale: risale a dicembre 2020 l’approvazione, da parte della Conferenza Stato-Regioni, del documento del Ministero della Salute che definisce le regole per l’erogazione delle prestazioni di telemedicina. È stato un grande passo: oggi la telemedicina è finalmente un’attività ufficialmente riconosciuta, tariffata e rendicontata, alla pari dei servizi sanitari erogati sinora.

In particolare, il documento definisce in dettaglio ognuna delle modalità di prestazione (televisita, teleconsulto, teleconsulenza, teleassistenza) e stabilisce, per esempio, come le prestazioni in televisita possano essere erogate a pazienti già inseriti in un percorso di cura nel caso in cui non sia necessario l’esame obiettivo. In ogni caso, spetta sempre al medico decidere come utilizzare gli strumenti di telemedicina in favore del paziente, con l’opportunità di avvalersene anche per le attività di monitoraggio e di rilevazione dei parametri clinici.

Non è difficile riconoscere i vantaggi introdotti dalle prestazioni sanitarie “a distanza”, più che mai nel contesto attuale. Ma cosa ne pensano medici e pazienti? Una ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano ha messo in luce come la classe medica sia consapevole delle potenzialità e favorevole all’utilizzo dei nuovi strumenti digitali: un medico di medicina generale su tre utilizzava almeno una soluzione di telemedicina già prima dell’emergenza epidemica, mentre il 62% di quelli che non ne facevano uso ha intenzione di farlo in futuro. Relativamente agli specialisti, tre su quattro ritengono che la telemedicina sia stata decisiva nella fase di emergenza: il 34% già ne usufruiva in passato mentre il 36% intende iniziare presto a farne uso.

Anche i cittadini reclutati nell’indagine hanno mostrato apertura e interesse per la telemedicina: uno su tre vorrebbe sperimentare una televisita con il proprio medico di famiglia e il 29% con lo specialista, mentre il 29% risulta interessato soprattutto al servizio di telemonitoraggio.

Nello scenario in rapida crescita della digital health, Sprim contribuisce alla salute dei pazienti e al progresso del settore con CONNEXT TELEMEDICINA, la prima piattaforma di telemedicina privacy first sviluppata con i medici pensata non solo come soluzione per affrontare l’attuale fase di emergenza, ma soprattutto come innovativo strumento per favorire l’evoluzione del rapporto medico-paziente.

La piattaforma si propone in primo luogo come alleato per il medico di medicina generale e dello specialista, che con CONNEXT potranno disporre di uno strumento multifunzione, mobile-friendly e dalla user experience piacevole e intuitiva per gestire le visite – a distanza o in presenza – mantenendo un contatto costante e sicuro con i pazienti, ora così come in futuro.

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